venerdì 17 giugno 2011

La lavorazione del vetro

 il vetro è un materiale ceramico ricavabile dalla fusione termica di una miscela di solidi e dal successivo raffreddamento della stessa, in maniera tale da ottenere un solido amorfo (ovvero non cristallino) dotato di elevata rigidezza.
Il ciclo termico di preparazione del vetro avviene, ovviamente, in un forno e si svolge in tre fasi: riscaldamento, fusione, affinaggio. 

Nella stragrande maggioranza dei casi, i vetri derivano dalla sabbia silicea, che infatti presenta le caratteristiche ottimali per essere sottoposta un tale tipo di trattamento. Si tratta di un granulato solido composto prevalentemente da biossido di silicio, cioè silice SiO2.


In realtà, non si adopera solo silice pura, bensì ad essa vengono mescolati, ovviamente in dosi minori, vari additivi, rappresentati da fondenti, affinanti, coloranti, rottami di vetro, ecc.
Infatti, la fabbricazione di un vetro formato esclusivamente da sabbia silicea è resa difficile dal fatto che la silice stessa presenta una temperatura di fusione parecchio elevata (circa 1700° C). Inoltre la sostanza in questione, sottoposta a raffreddamento, diviene rigida molto rapidamente, a discapito, quindi, dei tempi necessari alla sua lavorazione. L'aggiunta di rottami di vetro e, soprattutto, di fondenti come la soda (carbonato di sodio Na2CO3), fa sì che il punto di fusione complessivo discenda verso valori molto più gestibili, dell'ordine di 750°C circa. Il fenomeno chimico-fisico causa di questo abbassamento è rappresentato dalla depolimerizzazione (rottura del reticolo cristallino) attuata dal fondente sulla silice, che infatti provoca una diminuzione della viscosità, e quindi anche delle temperature di rammollimento e di fusione del vetro. Tuttavia, l'aggiunta della soda comporta anche un inconveniente, che è quello di una discreta solubilità in acqua del prodotto finale. Ecco perché è fondamentale rimpiazzare parte della soda con del calcare (CaCO3), che ha il pregio di ridurre la solubilità, anche se fa elevare un po' la temperatura di fusione (su per giù attorno ai 900 °C, valore comunque accettabile).



La composizione tipica della massa di partenza è: Silice 75%; Soda 13%; Calce 10%; Altro 2%. Questa miscela viene dunque inizialmente preparata per benino, con tutti i componenti adeguatamente sminuzzati in frammenti dal diametro minore 0.5 mm. Quindi, viene riscaldata e poi arriva a fondere. Completata la fase di fusione, inizia la fase di affinaggio, che si svolge sempre a temperature prossime a quelle di fusione. Qui entrano in gioco gli affinanti (ad esempio, l'anidride arseniosa As2O3), che sono speciali ingredienti atti ad agevolare l'eliminazione dei difetti, grazie ai gas che generano, contribuendo in questo modo a garantire un vetro traslucido ed omogeneo, come è bene che sia. Inoltre, la fase di affinaggio è anche necessaria per smaltire ulteriori gas, che sono quelli prodotti dalla decomposizione dei carbonati (soda e calcare) nei loro ossidi. La fase di affinaggio è piuttosto lunga, e può durare anche diversi giorni, durante i quali la massa fusa vetrosa deve aver modo di liberarsi dell'ingente quantitativo di gas presente al suo interno sotto forma di bolle.

Terminato l'affinaggio, la massa fusa vetrosa viene immessa nel ciclo di lavorazione, noto col nome di formatura. Esistono molteplici varietà di formatura. Può aversi la colata in stampi di gesso o di ferro, oppure la soffiatura ad aria compressa, o ancora la pressatura, la filatura, la laminatura, a seconda della forma finale che si vuole ottenere. Tra vari i processi, riveste particolare importanza il metodo "float glass", tramite il quale si riescono a produrre le lastre perfettamente piane e levigate che solitamente troviamo negli specchi e nelle finestre.
In ogni caso, il processo di formatura opera nel range di temperature all'interno del quale il vetro si comporta da solido plastico.

giovedì 16 giugno 2011

Africa: la sabbia,oro del deserto

La sabbia è una materia prima impiegata in numerose produzioni industriali. Il suo imiego può essere diretto o indiretto, ma sempre necessario. L’Africa ne è piena. E pochi la esportano.
La sabbia industriale
La sabbia è una materia prima che presenta molte possibili composizioni chimiche. Ogni composizione dipende dal tipo di terreno, dalla pressione atmosferica e dalle condizioni meteorologiche del periodo di formazione. La varietà di sabbia industriale è caratterizzata dalla presenza di silicio e ossigeno (biossido di silicio,) ed è estratta solo da giacimenti con una produzione composta al 95% da biossido di silicio.
Le caratteristiche principali della rena industriale sono la sua elevata resistenza, la sua limitata reattività con altre sostanze e il ragguardevole punto di fusione (vicino ai 1760°C).
La sabbia industriale è oggi impiegata nella produzione di vetro (per lampade fluorescenti e schermi di televisioni e computer), nella costruzione di stampi per fusione e nella creazione di acciaio. Questa varietà di sabbia è largamente utilizzata anche nella produzione di materiali edili (stucchi, cementi speciali, asfalti, prodotti per pavimentazione) e di vernici, nonché di ceramiche e prodotti refrattari al calore. La rena industriale è impiegata per la formazione di molti prodotti alla base di numerosi oggetti di uso comune (dai prodotti per la pulizia domestica e industriale alle fibre ottiche). La sabbia industriale è usata anche nei processi di depurazione delle acque e nell’allargamento dei bacini petroliferi.
La rena industriale è impiegata anche nel sandblasting. Questo processo è generalmente adottato per levigare e incidere ampie superfici industriali o per conferire l’effetto “vintage” ai capi di abbigliamento.
La produzione mondiale di sabbia industriale
La sabbia industriale è principalmente estratta in Australia, negli Stati Uniti (regione del Lago Michigan), in Europa (Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Norvegia, Polonia, Regno Unito), in Canada, in America Latina (Cile, Messico), in India, in Iran, in Turchia, in Cina, in Giappone e in Corea del Sud. Nel gruppo dei principali produttori, l’Africa detiene una posizione marginale tramite le attività estrattive di Egitto, Gambia e Sudafrica.
Nel continente africano, la produzione complessiva di sabbia industriale comprende anche le attività estrattive di Cameroon e Tunisia. In Egitto la sabbia è estratta principalmente dalla Tiba Land Mining e dalla S.M E/I del Cairo. In Sudafrica l’estrazione della rena industriale è realizzata dalla Argeccy International (Brackenfell, West Cape) e dalla Bronx Mining and Investments (Farm Vlakfontein, Cape Province). La produzione di sabbia industriale in Cameroon impiega la SOCAM (Moyuca), la Metropilita Sand Miners Cameroon (Kollo), la Metalland (Fomban), la Celestine Enterprise (Ekiliwindi), la Camscrap (Douala). L’offerta di rena industriale in Tunisia è fornita dall’attività estrattiva di Zad Sud Sable (Nahli Ariana), di Progressagro (Kebili), di Sotutrass (Tunisi) e di Tunisia Quarry Products (Tunisi).
I “terribili deserti africani” (Sebastian Münster, Cosmographia Universalis, 1544)
I deserti del Sahara (Africa settentrionale) e del Kalahari (Africa Meridionale) hanno esercitato storicamente una forte influenza sulle popolazioni limitrofe. Queste influenze sono state ulteriormente acuite dalla desertificazione: errate abitudini produttive e di allevamento hanno alterato le naturali condizioni del terreno e hanno causato la crescente espansione di queste superfici aride a danno delle zone fertili, costituendo una seria minaccia per le colture e la sicurezza alimentare.
L’Università di Tokio, l’Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale, l’Istituto per la Tecnologia di Tokio, l’Università Hirosaki, l’Istituto Nazionale per la Scienza dei Materiali e il Ministero dell’Educazione Secondaria e della Ricerca Scientifica dell’Algeria hanno definito un progetto per ricavare siliconi dalle sabbie del Sahara. I siliconi così ricavati saranno impiegati per la fabbricazione e la manutenzione degli impianti fotovoltaici. Il progetto è attualmente nella prima fase di ricerca tecnica e i risultati sono attesi per il 2015. Finora la sola Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale ha investito 300 milioni di yen nel progetto.
Quest’iniziativa si basa sull’elevata presenza di biossido di silicio e sulle minime impurità della sabbia sahariana. Queste caratteristiche la rendono particolarmente adatta agli usi industriali.
Considerando i molteplici usi della sabbia industriale, la possibilità di estrarre ed esportare o utilizzare localmente la sabbia sahariana implicherebbe elevate potenzialità di profitto. I giacimenti sahariani sono a cielo aperto e l’estrazione del materiale può avvenire legittimamente, anche tramite processi meccanizzati di aspirazione: dunque i costi di estrazione sarebbero relativamente contenuti.
L’elevata purezza della sabbia sahariana permette di eliminare le eventuali impurità tramite lavaggio. Addizionata ad acqua, la sabbia viene immessa in una turbina per separare il biossido di silicio dalle “fanghiglie” (materiali di dimensioni inferiori ai 100 micron). L’azione delle turbine rimuove in media l’80-90% delle impurità e successivi lavaggi tendono a ridurre ulteriormente la presenza di materiali indesiderati. Il lavaggio è attualmente il processo di purificazione più economico.
L’estrazione di sabbia industriale risulta ad oggi solo minimamente diffusa in Africa. Solo Algeria, Marocco, Egitto, Tunisia, Gambia e Sudafrica presentano delle aziende dedite all’estrazione e all’esportazione di questa materia prima. E gli Stati africani con accesso a zone desertiche sono molti. Le uniche eccezioni si trovano nella regione centro-occidentale del continente.
Il motivo principale alla base della scarsa diffusione di questa attività è il ridotto margine di profitto che si può ricavare. Questo margine è contenuto a causa dei consistenti costi di trasporto e del prezzo relativamente ridotto della sabbia sul mercato.
Considerando che la sabbia industriale rientra nelle materie prime non-alimentari e che tali beni hanno tendenzialmente prezzi di mercato contenuti, il margine di profitto può essere aumentato solo riducendo i costi di trasporto. La sabbia viene attualmente inviata tramite autotrasporto su gomma, su ferrovia o su navi-cargo.
Questi stessi mezzi furono utlizzati in passato anche per trasportare altre materie prime, tra cui il petrolio. Secondo Robert E. Jent (chief executive officer della Western Pipeline Corporation, Delaware), negli anni ’40 il petrolio era trasportato principalmente tramite appositi autocarri, treni e navi. I crescenti costi e rischi legati a questi mezzi di trasporto hanno favorito la ricerca di vie alternative: così si giunse ai primi oleodotti statunitensi (1905).
Il trasporto tramite tubature è compatibile con beni liquidi e solidi e presenta costi relativamente contenuti. Date le sue caratteristiche, questo mezzo di trasporto si rivela adeguato anche al movimento di sabbia industriale e permetterebbe di aumentare i margini di profitto.
Il mercato della sabbia indiano suscita particolare attenzione. L’industria locale ha tradizionalmente impiegato grandi quantità di sabbia di fiume e questo materiale si sta progressivamente esaurendo. Considerando i costi delle importazioni, l’acquisto di tale sabbia all’estero risulta oneroso e per questo l’attenzione delle imprese si sta dirigendo verso il biossido di silicio.

mercoledì 15 giugno 2011

La Clessidra


Il nome deriva dal greco κλεψύδρα (klepsýdra), che letteralmente significa "ruba-acqua''. In italiano il termine generico è usato anche per indicare i dispositivi costituiti da due bulbi di vetro collegati attraverso uno stretto foro, al cui interno è collocata sabbia finissima, più correttamente chiamate clepsamie.
La clessidra a sabbia è nata nel XIV sec.; la sua caratteristica è quella che non richiede un "rifornimento" costante; con questa rivoluzione diventa trasportabile.Probabilmente è nata per la vita in mare per determinare i turni dei marinai.All'inizio nel punto di unione vi era una piastrina metallica con il foro, il tutto tenuto insieme con cera e spago; in seguito al progresso della lavorazione del vetro se ne fecero di un pezzo unico.

sabato 14 maggio 2011

Le sabbie mobili


Il fenomeno delle sabbie mobili è conosciuto sotto il nome di tissotropia.
Per sabbie mobili si intende una massa di sabbia fine, più o meno satura di acqua, caratterizzata da una debole capacità di sostenere pesi. Nel caso tipico, si tratta di un miscuglio tra argilla ed acqua salata. Questa sabbia trattiene bene l'umidità grazie ai minuscoli pori presenti nei granelli.
Accade che la massa di sabbia abbia, a seconda delle circostanze, diverse caratteristiche fisiche:
-Se non disturbata, la massa di sabbia può formare effettivamente un corpo solido.
-Disturbata, la massa tende a liquefarsi: a causa della presenza di acqua, essa può reagire vistosamente alla tensione interna e comportarsi come un liquido se meccanicamente sollecitata. Può bastare che il corpo di una persona agisca sulla massa (o con la pressione esercitata dal suo peso, o semplicemente con una scossa) affinché i legami presenti tra i granelli di sabbia vengano allentati: infatti, essi perdono il contatto tra di loro e restano sospesi nell'acqua. Per questo, in assenza di frizione, potranno muoversi più liberamente, con conseguente calo della viscositàSe lasciata in pace, la massa recupera piuttosto in fretta la sua viscosità, tornando quindi a solidificarsi.

Nel Cinema e nella Realtà.

Questo tipo di terreno è stato un motivo drammatico abbastanza sfruttato nel filone d'avventura. Nelle scene dei film si vede spesso come la sabbia, simile ad un liquido, non sia in grado di sostenere il corpo di chi tenta di camminarci sopra, portandolo quindi a sprofondarci.

Resta il fatto che, dato il peso specifico di un essere animato, è possibile che questo affondi nelle sabbie mobili solamente per metà del suo volume. La sabbia pesa più dell'acqua, sicché galleggiare sulle sabbie mobili dovrebbe essere, almeno in teoria, più facile che sull'acqua di un lago. In ogni caso non è praticamente possibile, come invece maliziosamente suggerito nei film, che il soggetto sprofondi completamente (del resto è raro che le sabbie mobili siano molto profonde).

È invece vero che le sabbie mobili possono costituire un pericolo mortale; di solito sono necessarie forze notevoli per tirare fuori una persona dalla melma e essere intrappolato in tali sabbie può portare indirettamente la morte dell'individuo: non sono però le sabbie in sé ad uccidere, ma le condizioni in cui portano il soggetto che vi resta intrappolato a lungo senza essere soccorso, come la disidratazione, la fame oppure, nel caso di sabbie mobili marine, il ritorno dell'alta marea.

PRINCE OF PERSIA : Le sabbie del tempo





Prince of Persia è un film del regista Mike Newell ispirato all’omonimo videogame creato nel 1989 dall’Ubisoft, in particolare quella raccontata nel film è la storia di “Prince of Persia:  Le sabbie del tempo” uscito nel 2003.
Il film è ambientato nel Medioevo e ha come protagonista Dastan, un principe che si trova ad avere nelle mani il destino dell’umanità, deve infatti impedire una tempesta di sabbia in grado di distruggere il mondo intero.
Il principe, in particolare, viene ingannato e senza volerlo scatena le sabbie del tempo che distruggono il regno e trasformano la popolazione in feroci demoni.Per salvare la popolazione e rimediare al proprio imperdonabile errore il principe si allea con una principessa rivale, insieme devono assolutamente far tornare le sabbie nella clessidra usando il Pugnale del Tempo, che consente di controllare lo scorrere del tempo.

Sabbia ed Energia Solare: Progetti nel Sahara




Potremmo dover dire tutti grazie al deserto del Sahara se, nei prossimi decenni, riusciremo a coprire il fabbisogno energetico mondiale nonostante l’impoverimento delle risorse che oggi ci consentono di produrre energia. Infatti, stando a quanto dichiarato dal Sahara Solar Breeder Project, sarà la sabbia, o meglio la silice in essa contenuta, a fornire la metà del fabbisogno complessivo totale del mondo entro il 2050. Il progetto prevede la costruzione di impianti produttivi nel deserto che dovrebbero lavorare la sabbia per estrarne il prezioso componente indispensabile alla costruzione dei pannelli solari. È vero che numerosi sono i laboratori, nel mondo, che si occupano di cercare un’alternativa alla silice, ma è anche vero che attualmente si tratta pur sempre della materia prima dal rendimento migliore e, dunque, più richiesta dalle industrie produttrici.
Ma gli impianti da costruirsi nel deserto dovrebbero servire a produrre pannelli per centrali solari di grandi dimensioni, in grado di avviare la trasformazione di oltre cento Gigawatt di energia elettrica. Tuttavia, non abbiamo ancora una tecnologia di riferimento per riuscire ad estrarre la silice dalla sabbia: riusciremo per davvero a colmare questo gap in tempi rapidi, facendo sì che il deserto – da distesa desolata e improduttiva – possa diventare il serbatoio energetico mondiale? Per il momento, l’unica risposta possibile è quella di accontentarsi dello stanziamento di due miliardi di dollari ai laboratori di ricerca universitari, affinché riescano a trovare una soluzione, consegnando alla storia un risultato di straordinario impatto economico e sociale.

venerdì 13 maggio 2011

Etnologia


La sabbia è un elemento conosciuto e utilizzato da tutte le culture e in tutte le epoche; ancora oggi essa si presta agli usi più disparati nei campi dell'agricoltura dell'edilizia e dell'industria, ma qui ci limiteremo a considerare il ruolo che essa ha avoto nei campi delle arti e della loro espressione.
Le forme di arte legate alla sabbia di tutte le culture ed epoche, pur differenziandosi nelle loro realizzazioni, sono state condizionate da una importantissima caratteristica della sabbia che condiziona molto gli artisti nelle loro opere e soprattutto nel loro spirito: questa caratteristica è la facile e rapida deteriorabilità delle opere stesse che lega fortemente l'idea della sabbia al concetto universale della caducità. Quello che agli occhi di noi occidentali del ventunesimo secolo è un grave punto debole dal punto di vista tecnico, ha costituito un elemento di ispirazione e in taluni casi il motore espressivo dei primi artisti della sabbia soprattutto nelle culture ooliste dell'Asia e di alcuni popoli dell'America settentrionale di epoca precolombiana; il divenire nella sua accezione più profonda si lega al concetto della totalità ed al suo raggiungimento. In questo spirito la sabbia costituiva un mezzo ideale di espressione. La realizzazione stessa delle opere costituiva una vera e propria cerimonia simbolico-rituale caratterizzata da precisi tempi e modi sia in fase di costruzione che nel momento della distruzione del disegno. Alcuni popoli dell'America settentrinale come i Pueblo, gli Apaches, ma soprattutto i Navaho furono grandi realizzatori di disegni di sabbia carichi di forza espressiva vari e fantastici; i disegni avevano grandi dimensioni e narravano del “popolo sacro”, ossia degli esseri soprannaturali e degli eroi culturali che in un tempo arcaico avevano insegnato ai Navaho a vivere in armonia con le forze cosmiche. I disegni dovevano essere cerimonialmente distrutti prima che terminasse il giorno della loro realizzozione.

Un'altra cultura oolista pur molto diversa e distante da quella dei Navaho ha sviluppato delle forme d'arte e delle ritualità dalle straordinarie analogie con quelle americane sia nella tecnica che nello spirito e nella scansione dei tempi cerimoniali: la cultura tibetana. Ancora oggi i monaci tibetani usano le sabbie colorate in un felice connubio tra arte e religione realizzando straordinari mandala al termine dei quali l'opera viene simbolicamente affidata al vento o all'acqua senza che ciò venga percepito dagli artisti come una perdita e tantomeno come una distruzione, ma anzi come una forma di avvicinamento e di unione con il mandala in un'armonizzazione con le altre componenti del cosmo.

Le culture antropocentriche ed in particolare la cultura europea e cattolica rifiutano e combattono nel loro intimo l'idea di caducità, ciò nonostante, soprattutto nella seconda metà del novecento le arti della sabbia hanno contagiato , anche se spesso non comprese , gli artisti europei ed americani.. Abbandonata ogni forma rituale le arti della sabbia hanno qui però sviluppato tecniche raffinate sia per la realizzazione dell'opera che per la sua conservazione nel tempo. Un filone particolarmente fortunato è stato quello delle cosiddette bottiglie di sabbia : le sabbie colorate, con una particolare tecnica , vengono introdotte nella bottiglia creando sia motivi geometrici che disegni elaborati. Questa tecnica , nata in Sud America presso gli indios della Catamarca come arte povera, ha prodotto anche opere di notevole pregio artistico e tecnico e si è diffusa negli altri continenti e soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Le bottiglie di sabbia sono un perfetto esempio di adattamento dell'arte della sabbia in chiave moderna, esse hanno infatti tre caratteristiche fondamentali : sono durevoli , trasportabili e commerciabili.